giovedì 26 agosto 2021

Göreme dorme



Ci estingueremo, con un grande sorriso sulle labbra.

Tradiremo le peggiori aspettative, senza il minimo rimorso.

La nostra prole sarà contenuta in una roccia metallica,

incastonata nelle speranze di ere mai vissute.


Quando l'ultimo pazzo morirà, nessuno potrà più custodire la follia

e le nevrosi cercheranno un passaggio interstellare.

Alla fermata del buco nero, frugandomi addosso, ritroverò la mia memoria umana,

persa ad una partita a carte e rubata al mercante di anime che mi insegue di notte.

Porto il suo segreto nelle mie orecchie,

ora che non ci sono suoni.


Il resto, che riempirà questa ennesima cosmogonia,

non avrà i segreti di quella che precede

e sul tetto di una locanda in Cappadocia,

seduto su un tappeto rosso, intonerò questa fiaba

per far dormire i tuoi capelli su di me.


lunedì 2 agosto 2021

L'ape di Pan




Riparti, nel mezzo del tuo labirinto.
Non è la casa la tua casa.
Non sarai mai del luogo. Non cercare radici. Non gettare ancore.
Segna il punto per terra.
Taglia il filo, dimenticati di aver dimenticato.

Sono l'effimero che si poggia,
non ho peso o spessore.
Abito sull'albero che ho appena seminato,
correndo sul letto del fiume arso dal più vivo dei fuochi.
Il mio mito recita in un teatro di boschi,
con attori persi fra le rupi, urlanti e disperati.

Conosco il sapore del mio petto,
ho dormito sulla mia spalla,
vagando tra i racconti dei viandanti,
fra puttane impenitenti e seni con cui cenare.
Sono l'ape morsa dal selvaggio padrone,
vivo nella bocca di chi ne scrive.

venerdì 13 novembre 2020

Preghiera futurista


Che il piccolo agnello indifeso possa essere divorato dal leone.

Che le agonie diventino estasi.

Che le tensioni si tramutino in cantici d'arabeschi.

Che le ferite divengano scudi armati.

Che il dolore abiti sempre il cuore delle fornaci.

Che le ombre siano le più desiderate compagne di ballo.

Che le angosce siano le medaglie più preziose.

Che il passato esista solo come principio.

Che la costanza sia la firma delle promesse.

Che mente e corpo formino il mantice del futuro.

Che la fame di sé stessi mi inghiotta per intero.

Che mai sia pago e che mai sia pago per nessuno.

Che muova l'arte di ignorare tutto ciò che non è futuro.

Che incarni il seme come l'ostia.

Che penetri il desiderio.

Che questo sia il mio.


martedì 27 ottobre 2020

Maieutica solare



Morirò soffocando fra le mie mani.

Perderò i sensi per acquistarne un altro.

Sputerò i miei occhi e li metterò nuovamente sul mio viso. 

Leccherò l'acido dagli oli unti dei ricordi.

Il parto dal ventre della terra sarà lungo una tempesta.

Non attecchiranno semi, non sbocceranno fiori, non cresceranno rami.

Il gigante sotterrato nella cenere spenta starnutirà

respirando nuovamente dopo anni. 

Si toglierà di dosso sali mercuriali ormai passati.

Alzerà la testa cercando il Sole ed aprirà il petto 

per annusare l'odore del proprio respiro.

Nessuna certezza da mietere, nessuna proiezione da tessere.

Tutte le sete mal cucite al proprio baco torneranno inesorabili.

Fuggi da uno specchio, indossa l'abito matematico, porta in processione l'istinto.

Attendi i fantasmi, Jo, attendi i fantasmi.

mercoledì 26 agosto 2020

De Sulphure


Io sono, atomico nello sfuggire, l'ombra senza l'albero,

la radice d'inciampo, la ferita senza la caduta, la gravità distesa ad aspettare la fisica,

le ore in classe a voler andar via dalla lavagna, il bianco che non bastava mai,

il lessico infame che attende di riempirsi, il volume liberato degli scaffali,

l'archivio che fatica a formattarsi, la dimenticanza che scioglie gli ultimi fazzoletti,

ora sporchi ora candidi, io sono.


Io non sono, una fuga d'incanto, le parole che si mordono fra loro,

la punta fendente insanguinata, i corridoi che aspettano i pazienti,

le premure scomparse d'un tratto, la linea che marcava giusto appunto e forse poco,

molteplici opposti che si allineavano riconoscendosi, parallelo alla sinusoide,

il vortice ora decaduto, perdere di vista l'orizzonte e la caduta, 

il vuoto rimasto senza bordo, io non sono.

giovedì 27 febbraio 2020

Apocalisse in polvere



Volume sul pari o multiplo di 5.
Raddrizza il tappeto, metti a posto la testa,
consola il gatto, spegni la luce e poi riaccendila,
svuota il posacenere e poi posa la testa,
poggia il tiro e poi svuotala.

Nessuna apocalisse per ora,
Hemingway dorme sereno, sogna il peggio e teme l'incubo di un giorno ordinario.
Verrò a prenderti, senza bussare,
ho un doppione delle chiavi del tuo senno,
non vedrai nastri rossi, non reciterai litanie o canti, nessuno si farà mai del male.

Ho promesso che ti ruberò tutto, lo farò godendomi con te il 27 del mese,
ascolterò il beep della tua carta,
mangerò la tua torta nuziale ascoltando le urla della tua prole.
Ti guarderò lavare la macchina e festeggiare le promozioni,
annodarti la cravatta prima di correre in ufficio.
Non seppellirò le tue false ambizioni, le tue sbiadite prospettive,
ti concederò fantasie e tutto il tempo di illuderti fino in fondo.

Sarò l'ennesimo +1 nel tuo pallottoliere,
il numero mancante alla lotteria ed il fazzoletto sporco al ristorante.
Mi scioglierò con te che fai passi da gigante su te stesso.
Non avrai mai il piacere di una esplosione unica, di un maledetto ballo per intero,
la sicurezza di un lancio improvvisato senza paracadute.

Rotea, rotea, scendi, cadi veloce, piomba e bevi, che altrimenti non ti passa.

sabato 7 dicembre 2019

Una serata perbene


Mi troverò seduto per caso attorno ad un tavolo, 
in una sera di un 25 dicembre qualunque, 
con Cioran, Sartre e Deleuze,
con la stessa certezza che hanno quattro conoscenti
che sanno che sarà giusto il tempo di un bicchiere.
Inizieremo con vaghe esternazioni, discorsi sul metodo,
esperienze dei primi anni d'università.
Qualcuno chiederà forse un altro goccio dello stesso.

Quando avremo finito di fare la diagnosi al mondo e capito che siamo spacciati
ci metteremo magari più comodi offrendo un ammezzato all'altro. 
Al terzo scotch spintonerò Emil che se la ride, dandogli dell'idiota.
Parlando uno sopra l'altro, inizieremo a scuotere i cicchetti coi pugni sul tavolo.
Quando il locale inizierà a svuotarsi e avremo finito la seconda bottiglia
Jean-Paul farà cenno al proprietario di lasciar le chiavi lì e togliersi dal cazzo. 
Con una sonora pernacchia intonata sull'ennesimo giro di Moanin'
alla faccia di quella puttana di Maria Antonietta 
proporrò un brindisi violento con cui rompere il bicchiere 
annegando il posacenere zeppo in un lago di cognac. 

Ci abbracceremo ridendo soffocati dal fumo, 
improvvisando con fierezza l'inno degli apolidi. 
E quando andrò a pisciare, promettendo cazzotti a tutti i presenti, nessuno escluso,
continuerò a scuotere il capo senza mai trovare il fottuto cesso. 
Tornando ancora con la patta aperta riprenderò ad annaffiare i miei baffi 
in quello che Gilles, santa madonna, ha versato più sul tavolo che nel mio bicchiere.

Albeggerà e tramonterà su di noi che sputiamo tabacco
blaterando ancora qualcosa di strutturalista.  
Brinderemo inneggiando fino alla fine dei tempi, fino allo spegnimento del sole,
fino al ritrarsi dell'universo, bestemmiando contro ogni molecola del creato,
finché il cosmo non tornerà al suo nucleo. 
La nuova genesi farà il botto di un Louis Roederer del '64.